Un ultimo saluto
Se avete una copia de Il giovane Holden, troverete sul frontespizio il nome della traduttrice, Adriana Motti. Era mia zia, o meglio la zia di mio padre, ma per me è sempre stata Zia Diddi.
Non voglio cadere nella retorica, e molto probabilmente queste righe non avranno molto valore se non per me stesso, ma tengo a lasciarle un ultimo saluto, perchè ieri se n’è andata. Aveva 84 anni.
Era così diversa dalle sue sorelle, e forse proprio per questo la sentivo più vicina. A volte scontrosa, era spettacolare nelle sue battute ironiche che non ti saresti mai aspettato da una persona della sua età. Riusciva sempre a sorprenderti, scherzando in maniera quasi irriverente con chiunque le stesse accanto.
Ricordo ancora qualche anno fa, quando scoprì l’esistenza di internet e venne a sapere che c’erano alcune pagine su di lei, in particolare un bell’articolo su Wittgenstein, intitolato La donna che tradusse il giovane Holden. Si fece stampare tutto il materiale trovato, per conservarlo.
In alcune delle citazioni riportate su quell’articolo rivedo benissimo il suo carattere, e forse può aiutarvi a capire che persona fosse. In realtà sono arrivato tardi per conoscerla in veste di traduttrice, anzi più volte mi è capitato di scoprire che in un libro che stavo leggendo ci fosse anche la sua mano… l’ultima volta è successo con La guerra dei mondi di Orwell Wells.
Tutto questo probabilmente rientra nel suo essere spesso silenziosa, quasi a non volersi mettere in mostra, anche se ovviamente le faceva piacere se qualcuno apprezzava il suo lavoro. Spesso scherzava in modo ironico sulla sua “fama”, consapevole che nessuno si ricorda mai di chi fa il traduttore: lavoro faticoso e “atrocemente sottopagato”.
Mi rendo conto di come sia difficile cercare di raccontare chi fosse, ma mi farebbe davvero piacere se queste parole potessero raggiungere ed incuriosire qualcuno.
Appresa la notizia ho superato il momento più difficile, e adesso mi fa piacere rifugiarmi nei ricordi che ho di lei. I suoi rari sorrisi, le ultime parole scambiate, il suo odio per le telefonate, la libreria immensa che possedeva, le fotografie di quando era giovane e quelle più recenti, l’appartamento dove vivo attualmente che era “casa sua” perchè ci aveva passato un weekend qualche anno fa, le frasi irriverenti che scambiava con mia sorella e le sue battute ironiche. Ciao zia.
Per quel poco che valgono, ti faccio le mie più sentite condoglianze.
Non è vero che valgono poco, ogni parola in certe situazioni è benvenuta, ti ringrazio. Ho la sensazione di avere esagerato, ma molto probabilmente avevo bisogno di scrivere qualcosa più per me stesso che per altri.
io l’ho conosciuta di sfuggita, ma so che le avrebbe fatto piacere leggere di sè in questi termini.
hai fatto bene a scrivere, per te..ma anche per lei, avrebbe apprezzato
la saluto anche io, se posso :-(
Ciao Tom, ti ringrazio per l’iniziativa. Io avevo dato comunicazione della morte di zia ad alcune case editrici per le quali aveva lavorato. Speravo in qualche forma di commemorazione per la sua capacità ed il suo lavoro. In realtà non è stato scritto niente. Ora che ho letto le tue righe, mi rendo conto che queste valgono molto di più delle formalità che avrebbe potuto scrivere qualunque estraneo. Per di più zia non amava nè gli epitaffi, nè le commemorazioni, per cui solo la manifestazione dei nostri sentimenti per lei, la può ricordare nel modo corretto. Le decine di libri di successo da lei tradotti, dal primo Wodehouse a Blixen, da Colette a Murasaki, (a proposito “La guerra dei Mondi” è di Herbert George Wells non di Orwell) hanno contribuito a farla conoscere agli altri, ma per noi è, e rimarrà sempre, la zia “giovane”, simbolo di indipendenza e libertà.
Grazie, papà.
Conosco uno dei nipoti di questa fantastica “zia Diddi”
E a questo punto immagino sia anche un tuo parente. Molto semplicemente vorrei fare le mie condoglianze per la perdita di una persona che sicuramente ha contribuito in tanti campi e in tanti modi…
Salve. Da traduttore, mi permetto di segnalare un piccolo ricordo di Adriana Motti che ho postato sul mio sito/blog, http://www.lconti.com
E’ un ricordo condiviso dall’intera comunità dei traduttori italiani, che negli ultimi giorni, soprattutto sulle mailing list di settore e su Facebook, hanno parlato molto di questa dolorosa scomparsa.
Un cordiale saluto
Luca Conti.
Ho sempre tenuto a mente la figura di Adriana Motti, anche se non ne ricordavo il nome. Con la sua traduzione del giovane Holden aveva inventato un linguaggio, un linguaggio che a me adolescente sembrava quello che avrei voluto usare quando fossi stata più grande. Poi sono diventata traduttrice, e bene o male ho tradotto, ma non ho mai inventato un linguaggio. So che poterlo fare non è solo difficile, è un dono.
Vorrei dire però, che l’intervista citata a me sembrava di averla letta anni fa sull’Espresso. Mi sbaglio? Ricordo che finiva proprio con quelle parole. Vecchiaia schifa.
Quando si è vecchi si è sempre giovani, solo che gli altri non se ne accorgono. O forse se ne accorgono solo le persone che ci amano.
Un saluto
Maria Nicola
Grazie per il tuo intervento, il tuo contributo mi fa piacere, e vale lo stesso discorso per la precedente testimonianza di Luca Conti.
Sinceramente non so dirti se quell’intervista sia stata pubblicata anche dall’Espresso, io la lessi su internet diversi anni fa. Cercando in rete ne ho trovate tracce sparse un pò ovunque, ma quella dovrebbe essere l’originale.
Caro Tommaso,forse sarai sorpreso per il mio commento,dato che è da poco che ho preso domestichezza con un computer,da me sempre rifiutato e per la qual cosa mi avete spesso preso in giro…
Sono commossa(tipico della mamma)e sono certa che tu sia riuscito benissimo a raccontare chi fosse zia Diddi.
So anche che sarebbe stata fiera di avere un nipote che la ricorda, con tanto amore sincero,nei tratti salienti del suo carattere.
Io ho davanti a me il suo sguardo con quegl’occhioni dolci e languidi,quasi a mostrare un’anima ancora giovane in quella che lei definiva “vecchiaia schifa”.
Grazie Tommy….è solo grazie a te che anch’io ho potuto ricordarla con questo ‘mezzo’.
mamma
guarda tutta la famiglia..e io ho appreso solo ora dei vostri commenti…solo ora posso conoscere un po mia zia..in questa famiglia un po troppo chiusa non potevamo parlare del passato e forse la lontananza con zia Diddi non ci ha aiutato a conoscerla meglio..
Lei è sempre stata la mia zietta, la mia zia giovane, chiusa, riservata, con tanti piccoli segreti da portarsi dentro e da tenere solo per se..era la zia con cui poter scherzare, ridere, prendersi e prenderla in giro..Quando c’era lei nella stanza arrivava una folata di aria fresca..
un bacio cara zia…starai continuando a prendere in giro tutti da la su…
Caro Riccardo (non posso che usare caro), ho appreso adesso e con molti mesi di ritardo della morte non solo di una zia che immagino speciale, ma anche di una grande, grandissima traduttrice. Lo apprendo perchè è anche grazie ( e soprattutto) alla capacità di invenzione di cui zia Diddi era dotata che la mia tesi di laurea -sudata, faticata e per molti anni auspicata- è un lavoro di analisi a questo formidabile libro. In appendice un capitolo era dedicato proprio ad Adriana Motti, alla fatica della traduzione, allo “slang” che ha cartterizzato Holden Caulfield così bene tanto da restituirlo al pubblico di lettori vivo e pulsante.
Per quanto possa servire a posteriori, un abbraccio. Se fosse possibile sapere dove riposa, mi piacerebbe portarle un fiore.
..solo ora mi accorgo dell’errore.Tommaso e non Riccardo. Perdonami, questi nomi hanno per me, una strana similitudine cromatica.Li associo entrambi al colore beige,chissà perchè. Così, finisco sempre col confonderli.
Ciao Tommy,
sono capitata per caso sul tuo blog e mi ha colpito molto la tua lettera,credo di capire quello che provi, come te anch’io non credo che riuscirei a descrivere come fosse e chi fosse veramente Adriana Motti ,..ed a essere sinceri non ci tengo neanche a farlo ,vorrei rimanesse un ricordo privato ..
come Voi l’ho vissuta pochissimo e questo mi è sempre dispiaciuto molto..anche perchè era una delle poche persone che sapeva come aprirti l’anima…:-) mi ha sempre fatto ridere,passava ore e ore a raccontare delle sue peripezie,delle sue mille pigrizie che facevano impazzire gli editori e di quanto lei ci ridesse sopra, parlava delle sue folli notti da giovane “ragazzetta trasgressiva “mi piaceva condividere quei momenti con lei,ma a volte più parlava di queste cose e più mi rattristava,questo perchè non capivo e probabilmente mai capirò…la sua scelta di fuga dal mondo..quel mondo che lei aveva divorato per tanti anni ,come pochi hanno il coraggio di fare…
Ultimamente sto leggendo ovunque di lei e mi sembra strano leggere quanto fosse famosa per il resto del mondo e nello stesso tempo sconosciuta ai suoi cari..
ti abbraccio Tommy e scusa se mi sono permessa di intervenire,ma volevo darti qualche informazione in più.